IL CAMPIONE

Quando si tolse l’accappatoio e comparve sul ring la bottiglia del divino Adone del Conte Spilungone, nato dalle vigne della collina dai fili argentati, fu un vero e proprio tripudio di coriandoli e stelle filanti. Nessuno osava sfidare questo prestigioso vino. Potente, robusto, eccelso in tutto il suo splendore. Non c’erano rivali per lui in quell’annata. Al megafono si udì la voce di don Bariccone, il migliore degustatore di vini italiani. Proprio così, non avete inteso male. Don Bariccone era il parroco di “Quattro Calici”, un paesino della Toscana. I suoi fedeli, ad ogni ricorrenza, lo omaggiavano con bottiglie provenienti da tutte le parti del mondo.  “Allora, c’è qualcuno in sala che è pronto a sfidare il qui presente Adone del Conte Spilungone? Se c’è qualcuno si faccia avanti e batta un colpo!! Altrimenti lo proclamerò d’ufficio vincitore!”. Silenzio tombale nel palazzetto dello sport.

LO SFIDANTE

“Lo sfido io!!”, urlò una voce timida dal fondo della sala. “E chi sei tu? fatti avanti!”  rispose don Bariccone. Ecco comparire dalla penombra una bottiglia di vino sconosciuta. “Qual è il tuo nome?” disse don Bariccone. “Mi chiamo Eratus, il mio nome deriva delle Driadi che erano ninfe protrettrici delle querce”. “E cosa c’entrano ora le querce?” aggiunse incuriosito don Bariccone. “Sul terreno dove nascono i nostri vigneti c’è una secolare quercia ed il mio padrone ha deciso di sacrificare molti filari di vite pur di non tagliare quest’albero maestoso”. “Va bene abbiamo capito, ma hai la certificazione di qualità DOCG?”. “Ancora no” rispose Eratus. “Una bottiglia senza certificazione DOCG?? Suvvia, ma stiamo scherzando?? Non si può, è contro il regolamento” sbraitò contrariato don Bariccone. “Avete paura di me?” rispose Eratus, lanciando un’occhiataccia di sfida verso Adone. “Sono un vino anch’io… siamo per dirla in breve, tutti cugini qui dentro!”. ”Sarà pur vero mio caro, ma senza offesa, noi DOCG siamo i cugini nobili.. ah ah ah ah!” intervenne spocchioso Adone del Conte Spilungone. “Fermi tutti!!! urlò don Bariccone. A questo punto, per risolvere la spinosa questione, ci vuole l’intervento del Gran Giurì d’Onore dei vitigni d’Europa!

IL GRAN GIURI’

Il Gran Giurì si riunì in terra di Spagna, presso la famosa cantina Cavas Codornìu. La  questione da dipanare era la seguente: può un semplice vinello sfidare un DOCG? Il Gran Giurì era composto dal giudice francese Paulò di Bordeaux, dal giudice tedesco Hunter di Risling, dall’italiano Manolo di Barolo, e dal portoghese Eriberto di Oporto. Dopo ben due giorni di camera di consiglio, si procedette alla votazione, che si concluse con un clamoroso pareggio! Due voti a favore e due voti contro. A questo punto il Gran Giurì non aveva altra scelta che interrogare il vecchio saggio Maribor che viveva in Slovenia nella grotta tonsillona.

IN MONGOLFIERA

I membri del Gran Giurì partirono a bordo della mongolfiera dai sette colori alla volta della Slovenia. Giunti sul posto, si incamminarono nel bosco che conduce alla grotta tonsillona. Oltrepassarono lo stretto dei barbagianni ed il ponte delle lumache. Finalmente giunsero a destinazione. Era buio fitto e faceva un freddo cane all’interno della grotta. Accesero le torce e lentamente, passo dopo passo, arrivarono al cospetto del vecchio saggio Maribor. Egli sedeva su una roccia altissima ricoperta di muschio, con una barba bianca lunga sei metri ed il capo cinto della vite di uva più antica del mondo. Analizzò con grande pazienza, la questione. Con la sua lente di ingrandimento, a lume di candela, Maribor lesse uno ad uno i documenti portati dall’accusa e quelli portati da Eratus in sua difesa. La leggenda dice che se Maribor avesse sbadigliato dieci volte, sarebbe arrivato il responso, altrimenti sarebbe andato in letargo per un anno intero! Il decimo sbadiglio arrivò, tra l’esultanza dei presenti! Ed il vecchio saggio finalmente si pronunciò.

IL RESPONSO DI MARIBOR

Maribor così sentenziò: “Il caso che mi si è prospettato non è di facile soluzione. Però l’esperienza insegna che noi veniamo dalla terra e ritorneremo tutti alla terra. Punto primo: Adone ed Eratus nascono dalla medesima materia prima, ovvero dalla raccolta di uve prodotte in vigneti italiani storici e tradizionali. Punto secondo: la storia di un luogo e la sua memoria. Sia Adone che Eratus fanno parte della più nobile tradizione contadina italiana tramandando sapori e cultura della terra di provenienza. Punto terzo: la certificazione DOCG, volendo usare una metafora, è una sorta di titolo nobiliare. Ma l’umile può sfidare il forte, gli ultimi sfidare i primi, come Davide sfidò Golia. E non c’è gara più avvincente di questa.  Pertanto, secondo il mio giudizio, la sfida è possibile e può avere inizio”.

LA GARA

La sentenza del vecchio Maribor fu accolta con grande soddisfazione da Eratus e dai suoi amici vinelli. Finalmente la gara poteva avere inizio. Ecco servito sul ring un piccolo tagliere di taleggio stagionato con cui esordì Adone del Conte Spilungone, a cui Eratus rispose con uno squisito caciocavallo impiccato. Si passò ai primi, con un superbo risotto all’amarone per il campione ed un piatto di tagliatelle ai funghi porcini per lo sfidante. Come secondo piatto, Adone piazzò uno dei suoi pezzi forti, il fagiano noci e tartufo, a cui però Eratus rispose con una superba tagliata rucola e parmigiano! Insomma una sfida avvincente e al cardiopalma senza esclusione di colpi! 

Il VERDETTO

Nessuno dei due contendenti riuscì a mettere kappaò l’altro, per cui la gara fu decisa ai punti. I due sfidanti erano al centro del ring, stanchi morti dopo aver combattuto un incontro avvincente. Adone indossava guantoni rossi, pantaloncino rosso e scarpe bianche, mentre Eratus guantoni gialli, pantaloncino giallo e scarpe verdi.  Un vortice di luci invase il palazzetto dello sport gremito all’inverosimile. In sala rimbombava la canzone “we are the champions” del gruppo Fiano For Ever. I decibel salirono alle stelle e don Bariccone alzò a sorpresa il braccio dello sfidante alla sua destra: fu un tripudio di colori, coriandoli, palloncini, applausi, grida di gioia e felicità. Eratus, la bottiglia di vino sconosciuta, ce l’aveva fatta, col suo coraggio, la sua umiltà. Aveva scalato la montagna. Dopo una votazione al cardiopalma, i giudici decisero con lo scarto di un solo punto di premiare lo sfidante, per il coraggio avuto e per le prelibatezze di cui era stato capace. Eratus aveva dimostrato a tutti che la cosa più difficile è accettare nuove sfide, anche quelle meno tradizionali. Nel villaggio ed in tutta la provincia di provenienza di Eratus fu festa grande per sette albe e sette tramonti.

LA FESTA

Dopo la strepitosa vittoria, Eratus regalò tre botti di vino a don Bariccone. Il quale, la domenica successiva, organizzò un grande picnic in montagna con tutti i suoi fedeli. Un popolo in festa tra canti, musica e balli fino a tarda notte. Al termine della festa, le botti erano oramai vuote. Don Bariccone oramai alticcio, afferrò un megafono e concluse il suo discorso con queste parole: “Cari amici, in vino veritas, per cui non posso mentire. E allora sapete cosa vi dico? Che io vada dritto all’inferno, ma se bere è peccato io sarò il più grande peccatore di tutti i tempi!”. Tutti scoppiarono in una fragorosa risata! In fondo il vino cos’è, se non uno straordinario amico che ci regala momenti irripetibili di socialità e di felicità?

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