IL PRANZO E’ SERVITO di Martin Palmadessa
Sono stanco di lavorare per gli altri.
Voglio un aumento, di Amore.
Il mio gatto fa le fusa ed io i fusilli in cucina.
Sarà anche una bella cosa da vedere ma c’è un problema.
Il gatto è stanco.
Metto a cuocere a fuoco violento, poi stempero col vino una tavolozza in padella.
Olio su inox.
Bel quadro tondo.
Lascio cuocere a fuoco veloce e irroro i deserti carnosi con acqua non potabile.
Taglio i rami secchi. Sono potabili.
Abbasso il fuoco delle intenzioni rosse e lascio cuocere quanto basta per fottersi il cervello.
Il gatto si sta assopendo.
Il fuoco prende colorazioni differentemente gialle ma non si spegne.
Aggiungo un po’ di sale in zucca e tutto resta insipido.
È la zucca il problema. Troppo dolce.
Aggiungo olio, quanto basta a stemperare o ad oliare meccanismi bloccati.
Aspetto che tutto arrivi a temperatura abbiente, ma sono già ricco, ho usato olio al tornasole.
Sticazzi… no quelli sono fuori menù.
È ora, scolo la pasta-frolla dalla pentola a bassa pressione cardiaca e guardo i bolliti scendere in padella.
Comincio ad essere soffritto e sofferente.
Il sole gira. È olio di girasole.
Minchia dico… ma anche quello è fuori menù.
Tiro in padella come in un piattello.
Faccio centro perché non voglio stare in periferia.
Impiatto con garbo, forse impatto senza garbo.
È morta anche Greta.
Bel piatto, un bellissimo invito. Perfetto.
Solo che non ho fame.
NON MANGIO.